Le priorità dei lavoratori stanno cambiando. Mentre da un lato le imprese sono sempre più impegnate a migliorare il clima aziendale e a puntare sul benessere come forma di incentivazione e a gratificare i dipendenti per trattenerli in azienda; dall’altro chi lavora non ha più tanta voglia di rinunciare a prendersi cura del suo stile di vita. Parliamo pur sempre di una minoranza, ma che inizia a farsi sentire.
Tanto è che il Global Wellness institute ha individuato un segmento industriale della wellness economy che muove denaro, investimenti, progetti e che è interamente dedicato a migliorare le condizioni di salute in azienda attraverso benefit, formazione, nonché interventi strutturali in azienda che permettono di utilizzare le pause per il benessere del corpo e della mente. Non dimentichiamoci che molte aziende negli anni della pandemia hanno sperimentato smart working e lavoro da remoto per la prima volta, questa forma di lavoro in molti casi sta continuando per andare incontro alle esigenze di molte persone.
Proprio questa forma nuova di organizzazione del lavoro ha aperto nuovo scenari prima solo immaginabili con fantasia: forme di lavoro “lontano dalla scrivania”, remote working, nomadi digitali, workation e bleisure. Workation è l’unione di work (lavoro) e vacation (vacanza), mentre bleisure unisce business (affari) e leisure (tempo libero) .
Vi riporto alcuni dati ricavati da MeetingeCongressi.com:
- Secondo l’indagine di Travel for business sul workation, in collaborazione con Alma Travel, che ha interrogato la sua community composta perlopiù da travel e mobility manager, il 70% dei rispondenti considera il workation come una opportunità per essere più sereni, anche se solo il 26% dichiara di averlo praticato in qualche forma. Il 62% è inoltre convinto che un periodo di workation migliorerebbe sia la vita che il lavoro.
- Per quanto riguarda il bleisure, uno studio di Expedia mette in evidenza che già nel pre pandemia per il 48% era l’attrattività della destinazione in termini di vivacità a convincere i viaggiatori ad allungare il viaggio di lavoro, per il 43% il fatto di trovarsi in un luogo da non perdere dal punto di vista turistico, il 38% valutava la facilità di spostamento nella destinazione stessa e il 37% quanto fosse vicino il weekend.
Bisogna tenere conto che il fenomeno non può essere generalizzato, il tipo di mansione svolta e il tipo di contratto di lavoro possono incidere su questo tipo di flessibilità.
Il dato, secondo me, rilevante che siamo ad un punto di non ritorno, è iniziato un processo di consapevolezza per imprenditori, lavoratori e professionisti sul valore della qualità della vita e del suo impatto sulle performance professionali. Non fa più figo lavorare 12 ore al giorno, non fa bene alla salute e non è nemmeno indicatore di eccellenti abilità professionali.
Quindi come puoi migliorare il tuo stile di vita-lavoro e se hai un’azienda, quello dei tuoi collaboratori?